Il trattamento di fine rapporto (TFR), anche detto “liquidazione”, è una parte della retribuzione, il cui pagamento risulta differito alla cessazione del rapporto di lavoro.

Rappresenta una posta contabile che impatta sia sullo Stato patrimoniale (il totale come debito/fondo TFR) che sul Conto economico (annualmente come costo). La quota che matura nell’anno è un costo non monetario, cioè che non prevede un’uscita immediata di cassa, almeno fino alla cessazione del rapporto. In quel momento, non evidenzio più un costo, ma una riduzione del debito che ho accumulato nei vari anni.

In certi casi, il lavoratore ha diritto a chiedere un’anticipazione del TFR, come nel caso di spese sanitarie per terapie e interventi straordinari, acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli.
Per le imprese con più di 50 dipendenti, la Legge obbliga il datore di lavoro a versare annualmente la quota maturata del TFR ad un fondo gestito dall’Inps. In questo modo, alla cessazione del rapporto di lavoro, sarà l’Inps stessa ad erogare al dipendente il TFR.

Quanto debito aziendale hai maturato nei confronti dei tuoi dipendenti per il TFR?

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