A.F.M. AMMINISTRAZIONE, FINANZA, MARKETING…
Si impara a scuola a diventare imprenditore?
Mio figlio Stefano, in questi giorni, sta facendo uno stage di tre settimane presso la mia impresa.
Sta frequentando la terza ragioneria e questo stage fa parte del suo percorso di studio.
L’ho affidato alle due ragazze dell’URC, che lo fanno sgobbare nella predisposizione delle fantomatiche cartelline delle dichiarazioni dei redditi (si sta appassionando a quello che gli fanno fare); poi, se vuole, lo porto con me quando vado da qualche cliente, anche per approfondire insieme quello che vede e ascolta in ufficio. Io sono molto felice: lo vedo interessato per l’esperienza di stage e mi fa piacere condividere da vicino il mio mondo lavorativo.
È riuscito anche a stupirmi: un giorno, ero stanco, avevo finito il mio programma di lavoro giornaliero e gli ho proposto di tornare a casa prima dell’orario previsto. Sorpresa! Lui non ha voluto venire, perché interessato a finire il lavoro iniziato.
Un mattino, ho portato Stefano con me da un cliente, con il quale dovevo discutere il bilancio della sua società. È un’azienda familiare storica, già nostra cliente quando ho cominciato a frequentare lo studio attorno al 1985: svolge da sempre attività di fonderia artistica. Attorno al tavolo, a parlare del bilancio, oltre a me e Stefano, c’erano il papà, settant’enne, la mamma (coetanea) e i due figli (più giovani di me). Non solo hanno accettato che partecipasse all’incontro anche mio figlio/stagista, ma si sono pure inteneriti nel vedermi con lui; figli, nipoti e famiglia sono diventati il discorso principale.
Il bilancio l’abbiamo liquidato in pochi minuti; era positivo, così come negli ultimi due anni e non c’erano particolari questioni da analizzare e decidere. Da anni, ho l’impressione che ascoltino da me i numeri che gli presento, in modo distaccato, come se rappresentassero più una mia che una loro realtà e che ognuno di loro abbia dei modelli di rappresentazione della propria azienda differenti fra loro. I numeri del bilancio, per loro, sono un concetto astratto che conosciamo io e, in parte, l’impiegato che si occupa della contabilità. Due, tre volte all’anno, arrivo io, e li costringo a confrontarsi con una rappresentazione numerica, ma per il resto dell’anno vivono l’andamento dell’azienda più su rimandi emotivi che oggettivi.
In questa occasione, ispirato dal risvolto più cordiale dell’incontro, ho voluto porre loro alcune domande, sulla gestione nel concreto della loro attività.
Avete capito le ragioni dell’aumento del vostro fatturato, e le vostre azioni che hanno portato a ciò?
Siete in grado di gestire questi fattori? Di fare in modo che si possano ripetere anche in futuro?
Sapete cosa avete fatto per aumentare i margini di contribuzione?
Siete riusciti a creare la vostra rete di vendita all’estero?
Avete capito che cosa chiedono i vostri clienti, che sapete dare solo voi?
Ponevo queste domande soprattutto al figlio più giovane, mentre ci accompagnava nella visita ai reparti della fonderia e mentre ci spiegava le varie tecniche di fusione; come queste si sono evolute e migliorate con il tempo, da quella più artigianale, che richiede più tempo, fatica e più lavoro umano a quella più moderna, con una serie di macchine che fanno il lavoro in automatico.
Era emozionante ascoltare il mio cliente orgoglioso della propria azienda, ma al contempo ero perplesso, perché non sembrava in grado di dare risposte alle mie domande. Questi miei clienti sono dei grandi lavoratori, bravi a fare il loro mestiere, con impegno e successo da molti anni: ma tutto questo basta per fare l’imprenditore di successo oggi?
Per esempio, guardando i loro bilanci del 2015 e 2016, la risposta sembrerebbe essere positiva. Ma, negli anni precedenti in cui l’utile era molto basso e il fatturato era calato, si poteva dire la stessa cosa?
Eppure l’unica risposta ricevuta alle domande da me poste, era stata: “i clienti che noi riforniamo, hanno aumentato sensibilmente negli ultimi due anni i loro ordini. Questo che ci ha convinto ad investire in nuove attrezzature, con le quali abbiamo aumentato la produzione e quindi anche il fatturato”. Ma…. nel momento in cui i principali clienti dovessero diminuire gli ordini come potrebbe reagire l’azienda senza aver le risposte alle domande di cui sopra?
I due figli si sono dimostrati attenti alle mie parole. Davano l’impressione di capire che servirebbe qualcosa di più di quello che loro padroneggiano attualmente. Gli ho parlato di marketing, della necessità di conoscere meglio le esigenze dei propri clienti, di capacità di sviluppare nuovi brand, e di trovare un diverso posizionamento, che potrebbe permettere loro di essere conosciuti come unici e originali dai clienti attuali e da quelli potenziali. Ho introdotto temi quali il vantaggio competitivo, l’importanza di avere statistiche chiare della loro azienda, che sappiano fornire utili informazioni per governare il proprio business. Abbiamo parlato di strategia, di assunzione di rischi, calcolati e finalizzati al raggiungimento di obiettivi, condivisi e discussi tra di loro.
“Sì va bene, tutto giusto…”, mi hanno detto. “MA DA DOVE INIZIAMO, noi che abbiamo alle spalle pochi anni di scuola e tanti anni di sudore dietro ai forni?”
Si inizia da un primo piccolo passo…
All’inizio dell’articolo, ho parlato di ragioneria, ma la definizione esatta della scuola che frequenta mio figlio è A.F.M.: Amministrazione, Finanza e Marketing. Wow… mi verrebbe da dire! Il titolo è un programma di grande potenzialità, per educare i nostri ragazzi al mondo della gestione d’impresa; peccato che contenuti di Marketing saranno introdotti solo all’ultimo anno.
Mi verrebbe da dire: si inizia dalla scuola… ma poi penso alla scuola di mio figlio, al nome evocativo di concetti molto importanti per lo sviluppo di un imprenditore, che però non hanno sempre traduzione concreta nei fatti o rimangono concetti vecchi, che non vengono aggiornati con le novità che la realtà produttiva e scientifica produce. La professoressa di Stefano, che è venuta in studio per controllare l’andamento dello stage, mi guardava allibita e un po’ stralunata quando gli accennavo quali argomenti trattavo con il suo studente e per le esperienze che gli stavo facendo fare.
Ma nonostante questo, la risposta è giusta: si inizia dalla scuola! O meglio, si inizia dall’EDUCAZIONE, in questa caso imprenditoriale.
Il problema è trovare la scuola giusta, l’educatore giusto.
Come primo aiuto, li ho invitati ad Experience, venerdì 30 giugno. È un primo piccolo passo, per prendere conoscenza di come si può costruire un sistema, che ti aiuti a gestire con successo la tua azienda, anche grazie al confronto con altri imprenditori, tuoi pari.
Experience è il primo passo del percorso di educazione imprenditoriale.
Sono curioso di vedere se verranno il 30 giugno.
Se verranno, sarò molto felice perché avrebbero fatto un primo passo alla ricerca di un loro cambiamento, forse qualcosa che comporterà un grande impegno e più duro per loro che lavorare in fonderia, ma che li potrà portare più lontano.
Se poi li vedrò convinti dell’esperienza, gli consiglierò 3 libri. Da leggere con calma… uno alla volta. Portandosi via, da ogni libro, almeno un concetto, un’azione nuova.
Il primo libro, per aiutarli a comprendere il significato e l’importanza di costruire una strategia per la propria impresa, è: “Strategia oceano blu. Vincere senza competere” di W. Chan Kim e Renée Mauborgne.
Poi, gli suggerirei, a proposito di marketing e successo: “Le 22 immutabili leggi del marketing. Se le ignorate, è a vostro rischio e pericolo!” di Al Ries e Jack Trout.
Infine, per capire l’importanza di governare la propria azienda, conoscendo i suoi numeri, il libro per capire cos’è l’amministrazione e finanza: “Padre ricco padre povero” di Robert Kiyosaki.
In pratica… A.F.M….
A, amministrare la strategia,
F, finanza, conoscere i propri numeri,
M, marketing.
Buona fortuna nuovi imprenditori…
Buona fortuna Stefano… in ogni progetto al quale vorrai dedicarti….
Gigi Turla